EMDR - Eye Movement Desensitization and Reprocessing

Desensibibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari

“Il problema non è più quello che è successo ma il ricordo di quello che è successo.”
(Van der Holk)

Che cosa è l’ EMDR

L’EMDR è un metodo di trattamento psicoterapeutico che “nasce” trent’anni fa per fortuita intuizione della sua ideatrice, Francine Shapiro.
Inizialmente, lo scopo si rivelò quello di poter trattare efficacemente le situazioni di difficoltà, a volte anche molto invalidanti, di quelle persone che vivevano un disturbo da stress post traumatico (PTSD).

Attualmente, a seguito delle numerose ricerche scientifiche e dei risultati ottenuti, si possono includere nel trattamento anche tutte quelle situazioni di vita che non sono “traumatiche per definizione clinica” (fortunatamente la maggior parte degli esseri umani trascorre la vita ignorando l’esperienza del “trauma” propriamente detto) ma che, per i risvolti che hanno sui vissuti emotivi delle persone che le sperimentano, vengono più comunemente incluse nel concetto di “esperienze di vita avverse”; e in quanto tali, possono comportare difficoltà, a volte anche significative, con compromissione di una quotidiana qualità di vita e di sensazione di benessere.

Cosa prevede

Il focus dell’EMDR è la memoria dell'esperienza, o esperienze, che la persona ha percepito e/o continua a percepire come disturbanti per il suo presente.
Come a dire: “la memoria di ciò che ho vissuto, e di ciò che ha significato e continua a significare per me, mi fa ancora avere delle reazioni di stress/disagio/sofferenza”.

Tramite questa metodologia specifica, è possibile avere accesso alle reti mnestiche che racchiudono quelle memorie e quei significati correlati, e che sono in relazione al vissuto e al senso di disagio/sofferenza che porta nella vita attuale della persona.
Una volta avuto accesso a questo “materiale”, è possibile lavorarci.

La persona ha un ruolo attivo in tutto il processo e, guidata da me, potrà riattivare il sistema di Elaborazione Adattiva di quelle Informazioni (AIP, ovvero Adaptive Information Processing - Shapiro, F. 1995), reintegrandole in maniera funzionale al proprio sistema di significati e di esperienze.

Tutto ciò favorisce un (re)innesco delle risorse adattive funzionali della persona, che (ri)diventano disponibili, per consentire l’evoluzione dal disagio e dalla sofferenza ad uno stato di benessere.

Come funziona

Attraverso un processo a 8 fasi progressive, che include l’aver individuato assieme alla persona quelli che sono i “target” di lavoro e stabilito gli obiettivi, si lavora su ciascun target a più livelli contemporaneamente.

Si opera infatti a livello di:

  • immagine disturbante
  • credenza negativa disfunzionale
  • emozione disturbante associata
  • sensazioni fisiche

impiegando la stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali attraverso dei Movimenti Oculari (MO).

È anche possibile, qualora la valutazione lo ritenga funzionale, operare tale stimolazione bilaterale alternata utilizzando il canale uditivo (producendo dei tamburellamenti alternati) oppure utilizzando il canale del tatto (con il cosiddetto “taping” alternato, o tocco/stimolo tattile, per l’appunto).

Evidenze scientifiche:

La ricerca riguardante l’EMDR è una delle prime in cui sono stati evidenziati i cambiamenti neurofisiologici e neurobiologici che si verificano durante ogni seduta di psicoterapia, rendendo l’EMDR il primo trattamento psicoterapeutico con un’efficacia neurobiologica provata(*) .

Le scoperte in questo campo confermano infatti l’associazione tra i risultati clinici di questa terapia e alcuni cambiamenti a livello delle strutture e del funzionamento cerebrale.

Per tali ragioni da molti anni orami l’EMDR è ritenuto a livello internazionale un metodo di trattamento psicoterapeutico evidence-based (ovvero, comprovato da evidenze scientifiche), riconosciuto ufficialmente anche dal nostro Ministero della Salute nel 2003 e dalla OMS nel 2013, oltre che da numerose associazioni internazionali operanti nell’ambito della salute.

In quali situazioni può rivelarsi utile

L’efficacia dell’EMDR è stata più e più volte dimostrata scientificamente per:

  • quelle situazioni che possono esitare in un vero e proprio disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e che vedono, tra le primarie, tutte quelle esperienze in cui la persona ha realmente vissuto un alto rischio per la propria vita o ha assistito al rischio di vita di qualcun altro (es. superstiti di terremoti/calamità naturali, rapimento/aggressione violenta, incidenti gravi e potenzialmente mortali, reduci di conflitti di guerra ecc.);
  • lutti “reali” (morte, improvvisa/incidentale o per malattia, di una persona affettivamente significativa, aborti spontanei/procurati, lutti perinatali);
  • lutti “simbolici” (separazione/divorzio/abbandono da parte di una persona con la quale si aveva/ha una relazione affettiva significativa);
  • abusi e violenze (sessuale/fisico/psicologico/emotivo);
  • esperienze di vita avverse, che non minacciano l’incolumità della persona ma che sono vissute come significativamente disturbanti e impattanti sulla sua vita, quali ad esempio esperienze interpersonali/relazionali dolorose, e  che possono essere ripetute nel tempo.

    Rientrano le esperienze avverse vissute all’interno delle relazioni:
* familiari,
* scolastiche (es. esperienze di bullismo),
* lavorative/professionali (es. esperienze di mobbing)

Quindi, nell’ultima “categoria” delle “esperienze di vita avverse”, rientrano quelle esperienze che influiscono sul senso del valore della persona, sul suo senso di sicurezza e abilità di assumere la responsabilità adeguata per sé o altri, a cui possono associarsi vissuti di limitazione nel senso di controllo e/o di scelta.

Perché (anche) l’ EMDR

Come tengo sempre a precisare ogni volta che parlo “di ciò che faccio e di come lo faccio”, anche nel caso dell’EMDR, tale metodologia non è “una ricetta unica”, valida per tutti i casi; il presupposto resta la totale personalizzazione e adattamento all’individuo e al suo contesto personale, familiare e storico-culturale.
Essendo un metodo operativo, vedilo come uno dei molti strumenti che ho nella mia “cassetta degli attrezzi di lavoro”: è un’opzione, una possibilità che abbiamo entrambi (io nel valutarla come fattibile nel tuo singolo caso, e tu nell’accettarla o meno una volta proposta).

La desensibilizzazione e il cambiamento di prospettiva (pensieri, credenze) osservabili durante una seduta di EMDR riflettono l’elaborazione del ricordo dell’esperienza disturbante.
Per cui si osserva che la persona per la prima volta vede quell’esperienza lontana, distante, appartenente alla propria storia autobiografica ma non appartenente al presente; modifica anche le valutazioni e credenze su si sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione ed eliminando le sensazioni fisiche disturbanti.

Sintetizzando, si può dire che lavorare col metodo EMDR:

  • consente una profonda trasformazione della rete di informazioni connessa ai ricordi delle esperienze avverse vissute dalla persona;
  • accelera la possibilità di lavorare sulle soggettive attribuzioni di senso e significato legate alla memoria del proprio “vissuto disturbante”, rendendole più funzionali al presente e al futuro
  • permette una effettiva discriminazione tra pericolo reale e non reale a tutti i livelli coinvolti (cognitivo, immaginativo, emotivo e somatico);
  • consente di poter assegnare un significato alle emozioni legate al ricordo disturbante;
  • l’evento può venire reintegrato in maniera funzionale nella memoria e nella narrazione della propria storia.

Dopo il lavoro con l’EMDR, quindi, la persona ricorda ancora l’evento o l’esperienza (non si “cancella/perde” nulla, perché non è quello l’obiettivo !), ma sente che fa veramente parte del passato, e il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più evoluta e funzionale.


(*) Alcuni rilevanti risultati di ricerche:

  • es. lo studio di Van der Kolk (1999 - Journal Anxiety Disorders), per il quale si erano sottoposti i partecipanti a delle scansioni RM pre e post trattamento evidenziando miglioramenti neuro fisiologici a livello di amigdala e non solo;
  • lo studio di Heber-Kellner-Yehuda (2002 - Journal of Clinical Psychology) evidenzia un aumento pre trattamento e una normalizzazione post trattamento dei  livelli basali di cortisolo, (“l’ormone dello stress”)

Elisa Fermo
Psicologa Psicoterapeuta a Venezia / Mestre

Dott.ssa Elisa Fermo
Psicologa Psicoterapeuta a Venezia - Mestre

Iscritta dal 2011 all’Albo degli Psicologi della Regione Veneto n. 7918
Laureata in Psicologia Clinica, presso l’Università degli Studi di Padova
P.I. 04494630264

 

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