Attacchi di panico

quando l’ansia ti travolge

“Prima di sapere perché hai paura, tu la provi”

Come puoi leggere nella pagina dedicata al tema dell’ansia all’interno di questo sito (vai) l’ansia è un vero e proprio campanello d’allarme: ci avvisa che potrebbe verificarsi una data situazione nella quale è utile essere “pronti e all’erta”, sia che si decida di poterla affrontare, sia che si decida che è il caso di evitarla e “darsela a gambe”.

Per questa ragione l’ansia ci serve:

  • aiutandoci ad essere pronti e reattivi (ad es. per un’esame o colloquio importante), in caso anche a “scappare”
  • aiutandoci a mantenere una concentrazione adeguata per rendere maggiormente in una performance che sia all’altezza della situazione (ad es. parlare in pubblico, prestarsi a compiere una gara eccc).

E fin qui tutto bene.

Ma ci sono situazioni, momenti, che vengono vissuti dalla persona in un modo tale da far sì che si inneschi una sorta di reazione a catena (nelle prossime righe capirai meglio cosa intendo), per cui alla fine  “gli argini si rompono”, l’ansia dilaga e aumenta, montando a dismisura e arrivando ad assumere le connotazioni di un’altra emozione, soverchiante e incontrollabile: il panico.

CHE COS’È IL PANICO

Possiamo pensare al panico come alla forma estrema di una delle più primitive emozioni umane: la paura. Quando raggiunge i suoi estremi e diventa “panico allo stato puro”, è una sensazione che coinvolge mente e corpo, in una sequenza di eventi rapidissima che ci fa percepire di essere totalmente fuori dal nostro controllo.

Dato che coinvolge mente e corpo, il panico è una reazione psicofisiologica che si innesca, in un dato momento o situazione, dalla combinazione di due fattori:

  • le sensazioni concrete, “reali”, che sentiamo rispetto al nostro corpo (si chiamano sensazioni propriocettive)
  • l’attribuzione di senso che la persona da alle sensazioni che sente.

Questi due fattori si intrecciano in una interazione circolare: possiamo pensarla come un vortice, una spirale che sale e sale fino ad arrivare alla sensazione di panico.

Nel vivere questo stato psicoemotivo e fisico, la persona si trova in un vero e proprio stato alterato:

  • questo la porta anche ad avere pensieri e convinzioni minacciose, anche di morte imminente (sua o di una persona cara).
  • il “pensare questi pensieri”, a sua volta, alimenta la spirale e fa innescare, sempre a livello psicofisiologico, ulteriori e ancor più ampie alterazioni;
  • il percepire nel proprio corpo queste alterazioni (le sensazioni propriocettive menzionate prima) alimenta ancora di più una attribuzione di significato di tipo catastrofico e terrorizzante.

Insomma: siamo in uno stato di vero e proprio TILT mentale e psicofisiologico.

Stiamo vivendo un’attacco di panico.

ATTACCO DI PANICO: COME SI MANIFESTA

Poiché è una reazione mente-corpo, di tipo psicofisiologico, i segni e i sintomi di un’attacco di panico si distingueranno a livello corporeo e a livello psicologico.

Cosa accade, in breve:

  • i nostri sensi ricevono stimoli dall’ambiente che ci circonda (suoni, odori, immagini..) e il nostro cervello li elabora
  • il nostro cervello dà un significato agli stimoli che sta elaborando e coinvolge il centro emozionale (l’amigdala) che ha la funzione di “far partire l’emozione”, in questo caso di ansia/paura
  • se parte subito la reazione di paura, paradossalmente, un’altra area del cervello la alimenta e la fa perdurare, causando il disagio prolungato
  • viene coinvolta anche un’altra struttura del cervello (l’ippocampo) che è il centro della memoria e che serve a immagazzinare tutte le informazioni che arrivano dai nostri sensi, aggiungendo anche il ricordo del significato che è stato “guidato” dal centro emozionale (l’amigdala, sempre lei).

Il corpo, come dicevamo, in tutto ciò ci mette anche del suo. L’amigdala (ancora lei) è, infatti, non solo il centro emozionale, ma anche la responsabile di molte reazioni fisiologiche che sperimentiamo un attacco di panico.

COME SI MANIFESTA UN’ATTACCO DI PANICO: I PRINCIPALI SINTOMI FISIOLOGICI

Prevalentemente si tratta di alterazioni a livello chimico e ormonale che producono:

  • aumento del battito cardiaco
  • aumento dell’ormone dello stress (il cortisolo)
  • aumento della sudorazione
  • arresto della digestione (ecco perché in alcune situazioni si può sperimentare anche l’urgenza di vomitare; a volte vengono liberati anche il tratto urinario e intestinale - ciò serve a non tenere occupate energie che possono essere indispensabili per agire una strategia di “attacco-o-fuga” nella situazione scatenante)
  • aumento dell’adrenalina in circolo: un’ormone che  viene inviato nei muscoli preparando il corpo e permettendoci di essere pronti ad “agire o fuggire”

 

Ma com’è possibile che, se tutto ciò ci è stato “fornito” dalla nostra natura come un utile strumento, a volte anche “salvavita”, diventi un’esperienza nella quale la vita invece la sentiamo seriamente messa a repentaglio?

La questione sarebbe tra “le nostre due menti”: la “mente arcaica” (quella che vede nella paura un utile campanello di allarme) e la nostra parte di cervello più evoluta, “la mente moderna” potremmo chiamarla: quest’ultima scambia lo strumento utile come qualcosa di estremamente pericoloso (attribuisce un significato diverso), anche perché si innesca ed evolve al di fuori del suo/nostro controllo. In questo modo prende il via l’escalation che porta allo sperimentare l’attacco di panico.
Come scrive Giorgio Nardone in un suo scritto: “la mente intrappola se stessa”.

Ma c’è di più: dato che, come hai letto sopra, è coinvolto anche il centro della memoria, dopo un primo episodio di attacco di panico che la persona vive, spesso non le è più necessario sperimentare di nuovo tutta la serie di stimoli e sensazioni propriocettive della “prima volta”: sarà sufficiente anche una sola immagine mentale, o anche solo un lieve richiamo sensoriale (UN odore, UN rumore ecc) per far iniziare quella serie di emozioni e reazioni psicofisiologiche che poi portano all’attacco di panico.

 

CONSEGUENZE DEGLI ATTACCHI DI PANICO: LA PAURA DELLA PAURA

Come già accennavo in un paragrafo precedente (e nella pagina dedicata all’ansia), un concetto per me fondamentale è quello di modalità adeguate di sperimentazione e di “utilizzo” dell’ansia.

Infatti, quando questo campanello d’allarme s’inceppa e suona troppo e/o troppo spesso, cessa di essere uno strumento utile.

Si trasforma, allora, in uno stato di attivazione elevata e duratura che causa stress e limita il nostro benessere e il nostro senso di sicurezza nelle situazioni della vita.

Abbiamo paura che l’attacco di panico possa ricapitarci; e che ci colga e sorprenda in situazioni nelle quali sentiamo di essere vulnerabili (al lavoro, in una riunione, in autobus o nella metro, mentre facciamo la spesa nel supermercato in in orario affollato…).

C’è anche la paura di non avere gli strumenti o le possibilità, anche logistiche, per tentare di gestire l’attacco, di mantenere il controllo, provando a superarlo e a venirne fuori al meglio.

L’ansia non è più nostra amica ma ci paralizza e diventa disfunzionale alle nostre attività quotidiane.

Iniziamo ad avere paura di sperimentare la paura.

Chi ha sperimentato un’attacco di panico, infatti, ha più paura del futuro, di ciò che potrebbe accadere, al di fuori del suo controllo, più che del passato e di quanto ha già vissuto.

Tutto questo meccanismo, quindi, influenza le azioni e i pensieri futuri.

Questo può comportare

  •  una forte limitazione nella nostra capacità decisionale
  •  una limitazione nelle nostre autonomie,
  •  una “minaccia” al nostro senso di sicurezza, che prima avevamo di noi e del mondo circostante.

Un’altra conseguenza del “meccanismo perverso e paradossale” degli attacchi di panico è che la persona che l’ha provato, proprio perché vive anche nella paura di riviverlo, mette in atto comportamenti e strategie (che nella sua ottica servirebbero ad arginare la possibilità che un’evento simile si ripresenti) che non fanno altro che amplificare lo spazio concesso alla paura per manifestarsi: la persona infatti mette inconsapevolmente in atto delle scelte (comportamentali e di vita) che finiscono col complicare ulteriormente il problema e gli effetti del disturbo (Nardone, 2003).

È il tentativo del controllo che, paradossalmente, porta alla perdita di controllo.

ATTACCHI DI PANICO: CAUSE (POSSIBILI)

Ti invito a tener presente (o a rileggere) quanto scritto nei primi paragrafi di questo breve articolo riassuntivo:
l’attacco di panico è prima di tutto un fenomeno percettivo, che innesca una reazione a catena di eventi interattivi tra le percezioni e le reazioni messe in atto dall’individuo per difendersi.

Con questo appare chiaro che la “causa” di un’episodio di attacco di panico può essere sostanzialmente qualunque: poiché siamo noi ad attribuire determinati significati pericolosi e catastrofici a quello che percepiamo in una data situazione.

Estremizzando, come sostiene G. Nardone (2003)
“l’attacco di panico, come puro fenomeno a sé stante, non esiste. Esso è una realtà distinta da altre realtà, ma appare solo e soltanto in relazione ad alter dimensioni dell’esperienza umana.

L’attacco di panico quindi non è nemmeno un disturbo specifico di una singola patologia, ma piuttosto l’estrema espressione sintomatica di tutta una serie di patologie diverse. Infatti essi possono essere causati da una singola fobia, come da un’ossessione o da una fissazione (ad es. ipocondriaca), come da una crisi depressiva”

ATTACCHI DI PANICO: CURE POSSIBILI

Non tratterò qui la possibilità, che soprattutto medici e psichiatri contemplano ed adottano spesso, di intervenire sui sintomi degli attacchi di panico con farmacoterapie adeguate alla persona.

Da psicoterapeuta (non medico) posso affermare che trattare questo disturbo, considerandolo come espressione più evidente ed eclatante di altri disagi, meccanismi e dinamiche disfunzionali alla persona che li vive, è possibile.

A tale scopo, le terapie brevi di tipo strategico si sono rivelate (e continuano a rivelarsi) un ottimo trattamento terapeutico ai disturbi da panico e ai disturbi d’ansia.

Rivolgersi ad un professionista psicoterapeuta adeguatamente formato è il primo passo per liberarsi dalla paura della paura.


Articolo a cura della Dott.ssa
Elisa Fermo
Psicologa Psicoterapeuta a Venezia / Mestre

Dott.ssa Elisa Fermo
Psicologa Psicoterapeuta a Venezia - Mestre

Iscritta dal 2011 all’Albo degli Psicologi della Regione Veneto n. 7918
Laureata in Psicologia Clinica, presso l’Università degli Studi di Padova
P.I. 04494630264

 

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